Introduzione di sr Anna Maria Parenzan

INTRODUZIONE AL SEMINARIO INTERNAZIONALE
SULLA MISTICA APOSTOLICA

Sr Anna Maria Parenzan, Superiora generale FSP

 

Con grande gioia, porgo a tutte il più caloroso benvenuto nella Casa San Paolo, per vivere insieme un’esperienza di comunione, di immersione nelle abbondanti ricchezze della vocazione paolina, di discernimento e di condivisione di quanto lo Spirito ci andrà suggerendo e ispirando per una risposta sempre più adeguata al dono che abbiamo ricevuto.

Grazie a tutte voi per aver accolto l’invito a partecipare a questo Seminario, grazie alle sorelle e al fratello della Commissione preparatoria[1], grazie a quante sono impegnate nelle traduzioni o nei servizi di segreteria, e alle sorelle che gestiranno in questi giorni la nostra casa.

Rappresentiamo tutto il mondo e, in queste giornate, la Casa San Paolo diventerà il cuore della congregazione. Sentiamo vicine tutte le sorelle che pregano e offrono per noi, in modo particolarissimo le sorelle anziane e ammalate. La loro vita ha già raggiunto quell’unità cui tutte noi tendiamo.

Insieme, vivremo giornate molto impegnative, ricche di illuminazioni, condivisione, discernimento, preghiera.

Possiamo considerare questo nostro convenire, un vero e proprio evento, un evento che abbiamo a lungo atteso e verso il quale nutriamo molte speranze.

Perché un Seminario sulla mistica apostolica?

C’è un’affermazione che in questi anni viene continuamente ribadita da Papa Francesco, dagli esperti di vita consacrata, nelle nostre assemblee capitolari e negli incontri di congregazione: il futuro della vita religiosa – e perciò della vita paolina – sarà nella forza della sua mistica e della sua profezia, cioè nell’accoglienza e nello sviluppo della vita di Gesù in noi infusa nel Battesimo, e nella testimonianza esplicita di un modo di agire e di vivere più evangelico che sappia cogliere, nella storia, i segni dell’agire del Padre.

«Credere e comunicare» è, per noi, un binomio inscindibile, la nostra più vera identità. Siamo chiamate infatti a essere persone che manifestano e irradiano il Maestro divino che abita in noi; persone che si lasciano “ferire” dalla Paola per divenire “apostole della Parola”, per comunicare quel “fuoco d’Amore” che avvolge la nostra esistenza.

Nella Tavola rotonda realizzata in occasione della celebrazione del centenario, il prof. Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, ebbe a dire: «Questo io noto nel carisma paolino: la connessione profonda tra un cuore che ascolta la Parola di Dio e un cuore appassionato e missionario che comunica, e comunica la Parola di Dio».

Anticipando di diversi decenni gli orientamenti ecclesiali odierni, don Alberione sollecitava le Figlie di San Paolo a una vita unificata nell’amore:

L’apostolato… è il frutto di vita intensa, interiore. Suppone un cuore acceso, che non può contenere e comprimere l’interno fuoco…[2]

Quando si ha nel cuore il fuoco si trovano tante iniziative e tante industrie. Il vero amore è quello che si mostra con la fatica di ogni giorno per l’apostolato: esso fa pensare, organizzare, correre[3].

È questo fuoco nel cuore la forza unificante, il fondamento di quella dimensione “docente” dell’apostolato a cui, fin dagli inizi, don Alberione ci ha esortate. Egli è stato davvero instancabile nell’incoraggiare, stimolare, sospingere verso orizzonti sempre più vasti e profondi perché «A tutti siamo debitori per la natura della vocazione e secondo l’esempio di San Paolo e secondo il cuore di Gesù Cristo Maestro divino»[4].

E Papa Francesco ci incoraggia:

Gesù vuole evangelizzatori che annuncino la Buona Notizia non solo con le parole, ma soprattutto con una vita trasfigurata dalla presenza di Dio… Evangelizzatori con Spirito significa evangelizzatori che pregano e lavorano… Senza momenti prolungati di adorazione, di incontro orante con la Parola, di dialogo sincero con il Signore, facilmente i compiti si svuotano di significato, ci indeboliamo per la stanchezza e le difficoltà, il fervore si spegne. La Chiesa non può fare a meno del polmone della preghiera (EG 259, 262).

Avvertiamo la grande responsabilità di far brillare il tesoro che abbiamo ricevuto, di renderlo attraente, comunicativo per le giovani generazioni, facendo percepire la bellezza di essere, con la stessa vita, una “memoria vivente del Vangelo”, di essere “persone-anfora” chiamate a dissetare le seti dell’umanità comunicando le ricchezze di grazia che ci sono state donate. Una comunicazione che dovrebbe toccare i cuori, diffondere il calore della Chiesa Madre, creare ponti, favorire incontri umani fecondi, aprire spazi per il dialogo, la comprensione reciproca, la riconciliazione, costruire la pace e l’armonia[5].

La comunicazione è elemento costitutivo del nostro carisma, una comunicazione che dovremmo considerare anzitutto nell’aspetto mistico. Infatti «non è la tecnologia che determina se la comunicazione è autentica o meno, ma il cuore dell’uomo e la sua capacità di usare bene i mezzi a sua disposizione»[6].

Il tema di fondo è il mio cuore… la musica, la bellezza, la comunione che porto nel cuore. Così si esprimeva anche mons. Claudio M. Celli in occasione della Tavola rotonda citata.

Tutto questo sarà possibile se, nella docilità allo Spirito, sperimenteremo una più reale unità di vita in Cristo, superando i conflitti e le dicotomie che a volte riscontriamo nel nostro quotidiano. Vorremmo divenire sempre più consapevoli (ed esprimerlo nella concretezza dell’esistenza) che non siamo persone consacrate per quello che facciamo ma per come lo facciamo e per chi lo facciamo.

Lo stile di vita, che in diverse parti del mondo abbiamo assunto, spesso privilegia “il lavoro per il lavoro”, a scapito dell’armonia della vita e di una vera apertura agli altri, di un incontro che favorisca l’autentica comunicazione. Siamo consapevoli che il problema non è l’attività ma l’attivismo, che a volte ci fa perdere le profonde motivazioni della nostra vocazione.

Maestra Tecla era persuasa che «… la Congregazione non ha bisogno di gente che sa fare, che lavora, che fa chiasso… ha bisogno di gente santa» (VPC 263).

E il Papa emerito Benedetto ci ha ricordato:

L’iniziativa vera, l’attività vera viene da Dio e solo inserendoci in questa iniziativa divina, solo implorando questa iniziativa divina, possiamo anche noi divenire – con Lui e in Lui – evangelizzatori[7].

Nella spiritualità classica, la manifestazione della vita mistica erano i fenomeni mistici; nella vita paolina, l’epifania della vita mistica è l’apostolato, la comunicazione. Infatti, nell’esercizio della missione, non svolgiamo una semplice attività, ma mostriamo un Vivente, compiamo un atto liturgico, come sottolinea l’apostolo Paolo nella lettera ai Romani. L’attività apostolica è “azione sacra”[8], è una meravigliosa “liturgia”, cioè un dono continuo di noi stesse, che ha lo scopo di “consacrare” a Dio, in Cristo, l’umanità.

Don Alberione e la mistica apostolica

Don Alberione non ha mai usato il termine “mistica apostolica” ma ha parlato spesso di “mistica” come incarnazione di Dio in noi. Diceva alle giovani candidate, agli inizi della congregazione:

Quando si parla di mistica non si intende solo parlare di manifestazioni straordinarie, ma di come vivere in comunione con Dio per essere apostole. Tutte voi siete chiamate a una vita mistica…[9]

Nella predicazione alberioniana, l’apostolato viene colto come un impulso spirituale che coinvolge l’esistenza: la vita nel Cristo e l’annuncio del Vangelo sono atteggiamenti inseparabili perché siamo chiamate a «dare quel che noi abbiamo ricevuto: dare quel che siamo!»[10]; a essere consapevoli che «Gesù in noi parla, sente, si comunica… è attivo, e vuole che si diventi parlanti ripetendo la sua parola»[11].

Quando il Fondatore infervorava le sorelle alla missione, le sue parole raggiungevano altezze mistiche. Diceva alle propagandiste:

Portare Gesù e sentirlo. Qualche volta portare la mano al petto dove Gesù è chiuso nel tabernacolo che sei tu stessa… Dio con te, Gesù spiritualmente con te. Partire con Gesù come Maria…[12]

E così sollecitava le sorelle che si dedicavano alla redazione:

Andate in chiesa, andate alla Visita e poi domandate al Signore che cosa vuole che diciate, poi scrivete. Attingete alla Messa, alla Comunione, al tabernacolo… poi scrivete. … Prendete soprattutto da Dio. Sentire il Signore! … Ognuna sia come una fiamma. Se non è così, troverete l’ufficio arido, il cuore vuoto, la penna sembrerà che non voglia scrivere[13].

Don Alberione stesso ha sperimentato una relazione intima con il Maestro che ha sprigionato in lui un fortissimo dinamismo, manifestato in molteplici e complesse iniziative apostoliche.

Come l’apostolo Paolo, è stato mosso, conquistato, preso dallo Spirito; la profonda attrazione eucaristica, sperimentata nella notte di luce del 31 dicembre 1900, gli ha permesso di compiere cose grandiose, è stata la chiave interpretativa di ogni evento e la spinta a valorizzare ogni nuova via per l’evangelizzazione.

Si può dire che don Alberione è stato come catturato dalla volontà di Dio che, a mano a mano, si andava chiarendo (cfr. AD 21). È stato un apostolo gestito dallo Spirito, un semplice e docile pennello in mano a un artista (cfr. AD 350).

Lo Spirito ha chiamato anche noi a partecipare alla medesima grazia trasfusa nel Fondatore. Noi siamo quelle persone che «sentono quanto egli sentiva».

Anche noi siamo state mosse dallo Spirito e conquistate dall’invito di Gesù: «Venite ad me omnes». Anche noi ci sentiamo profondamente obbligate a fare qualcosa per il Signore e per gli uomini e le donne di oggi (cfr. Cost. 1).

Questo articolo delle Costituzioni racchiude il segreto del nostro essere contemplative in azione e attive nella contemplazione, o meglio, del nostro essere apostolicamente mistiche e misticamente apostole… Non sono giochi di parole: è il tentativo di esprimere, nella povertà del linguaggio, la profonda integralità cui siamo tutte chiamate.

Percorrendo la nostra storia…

Questo Seminario sarà chiamato a rifocalizzare la nostra identità offrendo indicazioni e proposte per il futuro, attingendo anche a una ricca tradizione dalla quale percepiremo, forse con meraviglia, il senso della continuità e della progressività.

Percorriamo velocemente gli orientamenti che la congregazione ha ricevuto negli ultimi quattro Capitoli generali, abbracciando così oltre vent’anni della nostra storia per cogliere il cammino che, con la grazia di Dio, essa ha realizzato.

1995: 7° Capitolo generale

Il 7° Capitolo generale ha riproposto con forza la centralità di Cristo Maestro e ci ha spinte a entrare più decisamente nel mondo della comunicazione, per noi epifania di Dio e segno dei tempi. Il sessennio che si apriva nel 1995 è stato connotato da questo slogan: Vivere e comunicare Cristo Maestro nell’areopago della comunicazione.

Il Documento finale ribadiva:

Crediamo che sia stato lo Spirito a “suggerirci” di assumere l’orientamento cristologico come “perno” dell’obiettivo generale per i prossimi sei anni… Sentiamo di dover riprendere alla lettera le parole programmatiche del Fondatore: «Al centro sta Gesù Cristo».

Da questa intuizione, scaturiva l’obiettivo, così formulato:

La Figlia di San Paolo vive e comunica, con la passione di Paolo e la visione profetica di don Alberione, Cristo Maestro Via Verità e Vita, centro della vita e della missione…

Negli obiettivi operativi, il Documento finale ci esortava a:

Migliorare la qualità della nostra vita consacrata, come persone e comunità, vivendo il discepolato paolino, in atteggiamento di conversione continua per arrivare a quell’unità di vita in Cristo, in cui consacrazione, formazione, comunione fraterna e missione si integrano e formano l’apostola.

2001: 8° Capitolo generale

Il Documento capitolare offriva questa spiegazione del tema:

Dall’Eucaristia alla missione. Insieme per comunicare il Vangelo oggi. Tale scelta risponde a un’urgenza della congregazione che, in questa fase della sua storia, ritrova in Gesù Cristo il centro unificatore, il “fuoco”, l’amore che la spinge a un nuovo slancio apostolico (cfr. 2Cor 5,14)[14].

In questo tema, «sta il cuore della nostra identità di Paoline. Don Alberione, mosso dallo Spirito, radica, infatti, il progetto fondazionale nell’Eucaristia, presenza illuminante del Maestro, che attira a sé: “Venite a me tutti” (Mt 11,28; AD 15), e ci invia come comunità: “Io sono la luce vostra e mi servirò di voi per illuminare; vi do questa missione e voglio che la compiate (AD 157)»[15].

Veniva ancora ribadito che la cultura della comunicazione, pone alla missione una duplice sfida:

Conoscere tale cultura, per integrarvi il messaggio evangelico (cfr. RM 37c), e vivere una relazione più profonda e intima con il Maestro eucaristico, che progressivamente ci configura a sé (cfr. Gal 2,20) e ci rende sue comunicatrici. «Chi farà meglio l’apostolato? Le anime eucaristiche. Gesù nell’Eucaristia è il Maestro che insegna, è la Verità, e l’anima eucaristica avrà maggior amore alla verità, maggior zelo nell’apostolato” (FSP41, p. 137)»[16].

Ricordiamo che “il sogno” delle Figlie di San Paolo all’inizio del millennio, si muoveva in un’unica direzione, verso «una Congregazione più paolina, e per questo più contemplativa, più missionaria e universale, più fraterna, più preparata e sapiente»[17].

2007: 9° Capitolo generale

Pure il 9° Capitolo generale si è posto in continuità con le indicazioni offerte dai due Capitoli precedenti.

In sintonia con il tema: Scelte e amate in Cristo Gesù, comunichiamo la Parola a tutti, veniva sottolineato, in modo vibrante, il bisogno di una fede vissuta come relazione, dando sempre maggior rilievo a questo principio che fonda la nostra identità di consacrate paoline:

Comunicare è lo stile di vita che racconta la nostra fede in Cristo Gesù, che siamo chiamate ad annunciare con coraggio e creatività nella cultura della comunicazione, perché la Parola di vita coinvolga e trasformi tutte le persone e l’amore «diventi veramente la misura dominante del mondo»[18].

E l’art 24 del Documento Capitolare, sottolineava la necessità di non dare soltanto attenzione alle opere, ma a una vita di fede poggiata sul carro paolino:

Questo è il carro su cui viene portato il Vangelo alle anime e su cui dobbiamo stare per porgere questo Vangelo alle anime (FSP54 p. 144)[19].

Già nella Pianificazione scaturita dal 9° Capitolo era programmato un Seminario internazionale sulla mistica apostolica (non realizzato), come risposta alla linea d’azione: «Favorire l’approfondimento della mistica apostolica vissuta da Paolo e interpretata dal nostro Fondatore».

2013: 10° Capitolo generale

Nei lavori dell’assemblea capitolare, guardando alla nostra realtà e ai possibili scenari futuri, abbiamo individuato nel tema: Crediamo e perciò parliamo, l’obiettivo da realizzare nel cammino che si andava aprendo. Infatti:

Dalla fede vissuta come relazione intima e profonda con il Signore nasce la passione per l’annuncio, perché possiamo comunicare solo «quello che abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita» (1Gv 1,1)[20].

Il nostro “parlare” dovrebbe scaturire dalla gioia di credere e dalla consapevolezza di essere chiamate a testimoniare e annunciare il Regno di Dio nella cultura della comunicazione, in special modo con un deciso impegno nel mondo digitale[21].

Da questo obiettivo sono scaturite due linee orientative per l’azione: ravvivare il dono della fede e percorrere i sentieri della nuova evangelizzazione facendo a tutti «la carità della verità».

Alcune delle proposte operative ci hanno sollecitate a:

  • ravvivare la fede, vissuta in orizzonte ecclesiale e nella dimensione relazionale;
  • approfondire la mistica apostolica, come chiamata a “lasciarci cristificare” nella vita e nella missione;
  • fondare lo stile di vita sullo spirito del Patto, nell’armonia delle “quattro ruote”;
  • riscoprire la natura docente propria del nostro Istituto per focalizzare lo specifico dell’identità paolina…

 

Obiettivi del Seminario

Partendo dalla ricca riflessione congregazionale ed ecclesiale, il Seminario si propone l’obiettivo generale «di riscoprire, nella mistica apostolica, la forza unificante della nostra spiritualità e quella profetica della missione». In altre parole, ha l’intento di individuare, nel Cristo Maestro Via Verità e Vita, il «centro unificatore», il segreto della nostra unità di vita, della nostra identità: «vivere Cristo come lo ha compreso, vissuto e comunicato san Paolo» (Cost. 7).

La devozione a Gesù Maestro, centro della spiritualità, non è «un fatto devozionale o intellettuale, ma coinvolge tutta la vita, orienta l’apostolato, si fa progetto spirituale per il pieno sviluppo della vita di fede, è il centro in cui si unifica vita, vocazione e missione. È davvero il centro del progetto paolino»[22].

Come obiettivi specifici, vorremmo far emergere alcuni orientamenti pratici per divenire una congregazione sempre più paolina, una congregazione che vive il metodo paolino dell’integralità e perciò cammina sulle “quattro ruote” (e considera la preghiera e lo studio come ruote motrici, secondo l’indicazione del Fondatore).

Spesso ci chiediamo il motivo per cui certi contenuti, che pure vengono comunicati abbondantemente, segnano poco la nostra vita. Forse manca un metodo che favorisca l’assimilazione e l’integrazione. Forse non insistiamo abbastanza sul predisporre le condizioni favorevoli perché il nostro terreno possa conservare, assimilare, appropriarsi dei contenuti per farli diventare vita. Non sempre ricordiamo che il “metodo paolino” coinvolge tutta la persona: nella sua intelligenza, corporeità, sentimentalità, creatività.

Nella riflessione dei prossimi giorni, dovremmo essere attente anche alle modalità pratiche, alle condizioni strutturali delle comunità che ci permettano di essere il “terreno buono” che accoglie quella pioggia continua di semi che cade ogni giorno sopra di noi.

Non ci possiamo illudere: l’unificazione, che desideriamo, non sarà mai realizzata pienamente, tuttavia va pazientemente ricercata a partire da un centro dinamico, un punto di attrazione a cui tutto converge: preghiera, studio, apostolato, povertà.

Questo centro è una Persona che ci attira nei suoi orizzonti. Siamo chiamate a “incarnare” Gesù, affinché la sua vita si manifesti nelle opere di evangelizzazione che compiamo (cfr. DF 36). Siamo chiamate a mettere tutte le energie a disposizione del Maestro perché Egli stesso compia, in noi, l’opera apostolica. Siamo chiamate, in definitiva, a vivere il nostro Battesimo, ad arrenderci al Cristo perché egli solo «viva, pensi, operi, ami, voglia, preghi, soffra, muoia, risusciti» nella nostra vita (cfr. DF 64).

Insieme, come antenne dello Spirito

Siamo tutte corresponsabili del cammino che la congregazione sarà chiamata a percorrere nel prossimo futuro, della sua testimonianza nella Chiesa e nel mondo. Lo Spirito Santo opera nel “corpo” e ogni sorella possiede una propria esperienza per discernere le nuove strade che lo Spirito va aprendo. Ricordiamo quanto Papa Francesco ha affermato:

Una Chiesa sinodale, è una Chiesa dell’ascolto, nella consapevolezza che ascoltare “è più che sentire”. È un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare[23].

Ci ricorda ancora Papa Francesco che siamo chiamate a riscoprire la responsabilità di essere profezia come comunità, a ricercare insieme, con umiltà e con pazienza… Dovremmo essere come antenne pronte a cogliere i germi di novità che lo Spirito suscita anche in questo nostro tempo.

Ci attendono giornate di riflessione, preghiera, discernimento per porci in ascolto della volontà del Signore e arrivare a delle indicazioni fattibili che verranno poi affidate alle superiore che si incontreranno, a settembre, nel prossimo Intercapitolo.

Con Maria, Tabernacolo vivente di Cristo

Ci accompagni in questo percorso Maria, la Vergine della Visitazione, colei che il Fondatore indica come il «Tabernacolo vivente di Cristo» perché porta in sé e comunica Gesù. Maria è l’arca della nuova alleanza, la prima Apostola del Vangelo, la Madre della Chiesa evangelizzatrice perché è la Madre del Vangelo vivente, è «la discepola che accoglie, conserva e realizza la Parola» (Cost. 10). Toccate dallo Spirito come Maria, possiamo anche noi diventare apostole, comunicatrici della bellezza di Dio, portatrici di gioia.

Maria invochi e ottenga su di noi l’effusione dello Spirito perché ci illumini, ci guidi, spinga la congregazione dove il Padre desidera. Lo Spirito ci apra all’ascolto vicendevole perché lo splendore della vocazione continui a stupirci e ad affascinarci.

Viviamo questa esperienza nella festa dell’incontro, nel rendimento di grazie, nella speranza che non si basa sui nostri “carri e cavalli”, cioè sulle nostre forze, sui nostri numeri, ma su Colui nel quale abbiamo riposto la nostra fiducia.

Il Seminario sarà certamente un degno coronamento dell’anno centenario e un ulteriore invito a lasciarci invadere dalla gioia del Vangelo, perché la nostra esistenza e ogni nostra comunità siano quella porta che si apre per «offrire a tutti la vita di Gesù Cristo».

__________________________
[1] La Commissione preparatoria è formata da don Giuseppe Forlai, igs; sr Anna Caiazza; sr Samuela Gironi; sr Annunciata Bestetti; sr Josefa Soares dos Santos; sr Felicita Teron.
[2] Relazione tenuta dal Primo Maestro al congresso dei Religiosi, 16 dicembre 1950.
[3] FSP46-49, p. 580.
[4] Editoriale del 1° numero della rivista Via Verità e Vita.
[5] Cfr. Messaggio per la 50.ma Giornata mondiale delle comunicazioni.
[6] Messaggio per la 50.ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali.
[7] Documento Capitolare [DC] 2013, 16.
[8] FSP58, p. 257.
[9] A. Bassi, La missione delle Figlie di San Paolo, Roma-Casa generalizia 2006, p. 60.
[10] FSP58 p. 47.
[11] FSP55, p. 271.
[12] FSP58, p. 373.
[13] FSP54, p. 182ss.
[14] DC 2001, 5.
[15] DC 2001, 6.
[16] DC 2001, 8.
[17] DC 2001, 23.
[18] DC 2007, 9.
[19] DC 2007, 24.
[20] DC 2013, 9.
[21] DC 2013, 10.
[22] Cfr. A. Martini, Gesù Maestro: una spiritualità per la missione.
[23] Papa Francesco, 17 ottobre 2015.


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